
Salvatore Quasimodo nacque il 20 agosto 1901 da Gaetano e Clotilde Ragusa a Modica, dove il padre, capostazione, era stato assegnato nella locale stazione: dopo alcuni giorni dalla nascita del poeta la famiglia si trasferì nella casa di Roccalumera, dal nonno paterno Vincenzo, che lo aveva recuperato insieme alla madre e al fratello a Modica. Fu battezzato a Roccalumera, nella Chiesa della Madonna Bambina, l’11 settembre 1901.
Il poeta trascorrerà la sua infanzia e giovinezza a Roccalumera dai nonni. La sua vita in seguito è stato un continuo peregrinare per le località della Sicilia dove il padre, capostazione delle ferrovie, veniva trasferito: Gela, Palermo, Girgenti, Modica, Acquaviva Platani Licata.
Frequentò le scuole elementari fra questi paesi e la scuola secondaria a Palermo da dove proveniva la famiglia della madre. Nel gennaio del 1909 il padre venne incaricato della riorganizzazione del traffico ferroviario nella stazione di Messina colpita da un disastroso terremoto e successivo maremoto il 28 dicembre 1908: in quel periodo la famiglia alloggiava dentro vagoni ferroviari che si spostavano sui binari ogni qualvolta si avvertiva una scossa… nella poesia dedicata al padre, il poeta scrive: ” le nostre notti cadono/ sui carri merci e noi bestiame infantile/ contiamo sogni polverosi coi morti/ sfondati dei ferri, mordendo mandorle/ e mele disseccate a ghirlanda/” Salvatore, di ciò conserverà un doloroso ricordo; quello della paura delle case distrutte, degli sciacalli sorpresi a rubare sui cadaveri e fucilati sul posto. Dai vagoni ferroviari, la famiglia si trasferì prima in una baracca di legno e poi in una delle casette costruite per i ferrovieri nel quartiere americano che ancora oggi sono abitate.


Totò come veniva chiamato in famiglia di marachelle ne combinava assai. La sorella Rosina, nel testo “Tra Quasimodo e Vittorini” scrive: “di Totò non ricordo che studiasse ma leggeva di tutto. A scuola era bravissimo e i suoi temi venivano sempre letti a tutta la classe. Lui e il fratello Vincenzo studiavano a Palermo e abitavano in casa di parenti. Totò incominciò a fumare le prime sigarette a… 10 anni e promise che non l’avrebbe più fatto ma ormai aveva iniziato.
Amava correre libero nella campagna fermandosi a cercare le erbe dolci e assaggiava anche quelle amare, con le quali si faceva le sigarette. Nel 1913, il padre fu trasferito nuovamente a Messina dove restò fino al 1920. In questi anni, Quasimodo lega amicizia con Salvatore Pugliatti futuro giurista e Rettore dell’università di Messina e con Giorgio La Pira, futuro sindaco di Firenze. Frequentavano tutti e tre l’istituto tecnico “A. M. Jaci” ( sorto nel 1862 , uno dei tredici istituti tecnici nati dopo l’Unità d’Italia).
Con questi amici fonda la rivista Nuovo Giornale letterario che uscirà da marzo a novembre, venduto da uno zio di La Pira nella sua tabaccheria, luogo che diventa anche ritrovo di giovani letterati. Nella sua breve esistenza la rivista ottiene collaborazioni da Lionello Fiumi, Filippo De Pisis, Giuseppe Ravegnani, Giuseppe Villaroel. Finiti gli studi al tecnico Sì dirige a Roma e in quella città si iscrive all’università facoltà di agraria ma come dice anche il figlio Alessandro non esistono tracce di quell’ iscrizione. A 19 anni sposa Bice Donetti, una donna emiliana che aveva conosciuto a Messina dove era impiegata come addetta alla macchina per il caffè espresso in un bar di Piazza Cairoli. Le condizioni economiche non gli consentirono di proseguire gli studi e nella capitale visse con la moglie tra stenti e privazioni. Conducono un’esistenza modesta e si adatta a impieghi umili per sopravvivere: lavora come disegnatore tecnico, commesso in un negozio di ferramenta, poi come impiegato alla Rinascente in Piazza Colonna (perde quest’ultimo lavoro per aver partecipato all’organizzazione di uno sciopero…a cavallo!).

La testimonianza di questo periodo complicatissimo, la possiamo leggere anche nella poesia fame
“Fame, da tempo presso il mio giaciglio!
Umile t’accolsi, ché non covo rabbia per alcuno,
umile, che sempre è stato poco il mio pane, s
apevo che tremante,
salivi le mie scale (con)
scarne le gote come pietre montane.
Nel frattempo collaborò ad alcuni periodici e iniziò lo studio del greco e del latino con la guida di monsignor Mariano Rampolla del Tindaro, pronipote omonimo del più famoso cardinale Rampolla del Tindaro, Segretario di Stato di Papa Leone XIII. Collaborò ad alcuni periodici e studiò il greco e il latino dedicandosi ai classici, destinati anch’essi a divenire per lui fonte di ispirazione. Nel 1926 venne assunto dal Ministero dei Lavori Pubblici ed assegnato come geometra al Genio Civile di Reggio Calabria. Qui strinse amicizia con i fratelli Enzo Misefari e Bruno Misefari, entrambi esponenti (il primo comunista, il secondo anarchico) del movimento antifascista di Reggio Calabria, che lo invogliarono a ritornare a scrivere. Risolti i problemi economici poté dedicarsi più assiduamente alla letteratura.

Fu invitato a Firenze dallo scrittore Elio Vittorini, che nel 1927 aveva sposato la sorella Rosina, il quale lo introdusse nei locali ambienti letterari permettendogli di conoscere Eugenio Montale, Arturo Loria, Gianna Manzini e Alessandro Bonsanti. Il Bonsanti che in quel tempo dirigeva la rivista Solaria pubblicò nel 1930 tre sue poesie (Albero, Prima volta, Angeli). Maturò ed affinò così il gusto per lo stile ermetico, cominciando a dare consistenza alla sua prima raccolta Acque e terre, che lo stesso anno pubblicò per le edizioni Solaria.
Nel 1931 venne trasferito presso il Genio Civile di Imperia ed in seguito presso quello di Genova. In questa città conobbe Camillo Sbarbaro e le personalità di spicco che gravitavano intorno alla rivista Circoli, con la quale il poeta iniziò una proficua collaborazione pubblicando, nel 1932, per le edizioni della stessa, la sua seconda raccolta Oboe sommerso nella quale sono raccolte tutte le poesie scritte tra il 1930 e il 1932 e dove comincia a delinearsi con maggior chiarezza la sua adesione all’ermetismo. Nel 1935, pare per interessamento dell’accademico d’Italia Angiolo Silvio Novaro (un altro degli amici liguri), viene assegnato al genio civile di Milano, città in cui si trasferisce abitando in un appartamento al numero 6 di viale Mugello, in periferia; la sua sede di lavoro è stabilita a Sondrio. Molto scontento della dislocazione, la attribuisce all’antipatia del suo capoufficio nei confronti dei poeti.
Quasimodo e le relazioni amorose…tante! Da una relazione extraconiugale con Amelia Spezialetti nasce la figlia Orietta. In estate stringe una breve relazione con Sibilla Aleramo. A Milano, dove torna, dicono i biografi, tutte le sere, sobbarcandosi quotidianamente ore di treno, frequenta un vasto gruppo di intellettuali, pittori, poeti, musicisti, raccolti attorno alla rivista
«Corrente», tra cui Sinisgalli, Gatto, Tofanelli, Flora, Solmi, Zavattini, Carrieri, Somaré, Lelj, De grada, Persico, Fontana, Martini, Birolli, Messina, Cantatore, Carrà, Sironi, Tosi, Sassu.

Nel 1936, in giugno, conosce la danzatrice Maria Cumani, con cui, allaccia una lunga relazione sentimentale. Diventerà sua moglie e nel maggio del 1939 diventerà padre di Alessandro, oggi attore e regista, uomo di cultura.
Fa inoltre amicizia con Carlo Bo, conosciuto a Sestri Levante in casa di Messina. Pubblica presso l’editore Scheiwiller la raccolta antologica Erato e Apollion, con un saggio introduttivo di Sergio Solmi, in cui opera una rigida selezione e revisione delle poesie precedentemente edite.
Nel 1937, dopo la fine di «Solaria» in seguito alla scissione tra Carocci e Bonsanti, comincia a collaborare con la nuova rivista fiorentina «Letteratura», diretta dallo stesso Bonsanti, pubblicandovi alcune poesie nel numero 3.
Nel 1938 si dimette dal genio civile, dopo dodici anni di impiego, e lavora come segretario di Cesare Zavattini, allora direttore dei periodici Mondadori; successivamente, dopo una breve collaborazione con un settimanale umoristico, è assunto come redattore letterario del settimanale «Tempo», per interessamento dello stesso Zavattini e di Carlo Bernari, con le mansioni di revisione dei testi e stesura delle diciture di sommario. Terrà questo lavoro fino al 1940.
La tolleranza del regime fascista verso la “fronda” silenziosa esercitata dal gruppo di intellettuali di cui fa parte diminuisce: Aligi Sassu viene arrestato in una retata, lui stesso verrà picchiato da una squadriglia fascista nel 1942. Pubblica alla fine di luglio nelle edizioni di «Primi Piani», per cura di Arturo Tofanelli, un’altra raccolta antologica di Poesie, con saggio introduttivo di Oreste Macrì e una bibliografia di Giancarlo Vigorelli. Nel 1940 escono per le edizioni di «Corrente» le traduzioni dei Lirici greci, prefate da Luciano Anceschi, che suscitano grandi discussioni, anche molto polemiche, presso gli studiosi. Viene nominato per chiara fama professore di letteratura italiana al Conservatorio «Giuseppe Verdi» di Milano, dove insegnerà fino al 1968. Nel 1942 esce nello «Specchio» Mondadori Ed è subito sera, raccolta definitiva della produzione poetica degli anni Trenta, con l’aggiunta delle Nuove poesie scritte fra 1936 e 1942; e per le milanesi Edizioni della conchiglia vede la luce Il fiore delle Georgiche. Anche se mosso da sentimenti antifascisti, non prende parte alla Resistenza; tuttavia viene denunciato come sovversivo sulle pagine della «Voce Repubblicana», ed è costretto a vivere in semi clandestinità, traducendo dal latino e dal greco; la Mondadori gli propone di realizzare uno storia della letteratura greca, che però non si farà mai. Nel 1945, dopo la liberazione, si iscrive al PCI, dove militerà per un breve periodo. Progetta, assieme a Carlo Bo, Renato Birolli e il gallerista Renzo Bertoni la rivista di lettere e arti «Atlante», che non sarà mai realizzata. Pubblica alcune traduzioni portate a termine durante la Guerra: passi dell’Odissea (presso Rosa e Ballo), una scelta di carmina catulliani (per le Edizioni di Uomo con illustrazioni di Renato Birolli, e poi con Mondadori nel 1955), e nel 1946, con l’editore Gentile di Milano, Il Vangelo secondo Giovanni. L’attività di traduttore continuerà per tutta la vita, e ritmi alacri, con lavori che spazieranno dalla grecità classica alla poesia europea e americana del Novecento, e verranno pubblicati dai maggiori editori italiani (vedi la bibliografia in S. Quasimodo, Poesie e discorsi sulla poesia, a c. e con introduzione di G. Finzi, Milano, Mondadori, coll. «i Meridiani», 1996) Sempre nel 1946 pubblica per le edizioni di «Quaderni di Costume» e a cura di Giancarlo Vigorelli la nuova raccolta poetica Con il piede straniero sopra il cuore, riproposto l’anno dopo da Mondadori con l’aggiunta di due componimenti e il titolo Giorno dopo giorno. Nel 1948, morta due anni prima la moglie Bice Donetti, può sposare Maria Cumani e riconoscere entrambi i figli. Si trasferisce con la famiglia in un appartamento di corso Garibaldi. Comincia a collaborare al settimanale «Omnibus», curando una rubrica teatrale fino al 1950, quando passa, sempre come critico teatrale, al «Tempo» (vi rimarrà fino al 1959). Nel 1949 pubblica da Mondadori la raccolta La vita non è sogno e scrive il libretto per Billy Budd, con musiche di Giorgio Federico Ghedini (pubblicato dall’editore milanese Suivini Zerboni); nel 1950 vince il premio San Babila e nel 1953 gli viene assegnato, assieme a Dylan Thomas, il premio EtnaTaormina. Nel 1954 pubblica dall’editore Schwarz una plaquette di sette nuove poesie intitolata Il falso e il vero verde, con illustrazioni di Giacomo Manzù; l’edizione definitiva e aumentata uscirà da Mondadori nel 1956. Nel 1958 vince il premio Viareggio per La terra impareggiabile, uscita nello stesso anno da Mondadori. Pubblica ancora per Schwarz l’antologia Poesia italiana del dopoguerra. Verso la fine dell’anno, durante un viaggio in Unione Sovietica, viene colpito da infarto ed è costretto ad un lungo soggiorno all’ospedale Botkin di Mosca: rientra in Italia nella primavera del 1959 e trascorre un altro periodo in clinica.

Il 10 dicembre del 1959 gli viene assegnato il premio Nobel per la letteratura, suscitando violente polemiche da parte di alcuni ambienti culturali italiani; la sua candidatura era stata avanzata da Francesco Flora e Carlo Bo. Alla cerimonia del conferimento legge il discorso Il poeta e il politico, che sarà pubblicato in volume l’anno successivo, con altri scritti, da Mondadori.
Nel 1960 si separa da Maria Cumani, che si stabilisce a Roma col figlio Alessandro. Tiene una rubrica di colloqui con i lettori (su argomenti di letteratura e di costume) sul settimanale «Le Ore», fino al 1964. È membro della giuria di numerosi premi letterari. Scrive il libretto per Orfeo – Anno Domini MCMXLVII, oratorio in un atto con musica di Gianni Ramous (pubblicato a Milano dall’editore Curci). Il premio Nobel ha aumentato la sua già notevole fama; le sue poesie (che Mondadori raccoglie in volume nel 1960 con Tutte le poesie) sono tradotte in molte lingue e riceve numerosi inviti dall’Europa e dall’America.Nel 1960 è in Grecia e in America, nel 1961 all’Istituto di cultura italiana di Madrid e ancora negli Stati Uniti; in quell’anno l’Università di Messina gli conferisce la laurea honoris causa. Presenta all’Università Statale di Milano la poesia di Pound e si fa promotore di iniziative di solidarietà a favore del vecchio poeta. Tra il 1962 e il 1964 i suoi viaggi lo portano a Berlino Ovest, Londra, Dublino, Parigi, in Norvegia, in Jugoslavia, in Messico e in Bulgaria. Nel 1964 torna a collaborare con «Tempo», e scrive il libretto per L’amore di Galatea, con musiche di Michele Lizzi (in scena il 12 marzo al Teatro Massimo di Palermo). Gli viene assegnato il Sileno d’oro per la poesia. Nel 1965 Mondadori avvia l’edizione delle opere complete, prevista in 34 volumi: ne usciranno solo 19, l’ultimo dei quali, Il Vangelo secondo Giovanni, nel 1972. Le sue condizioni di salute non sono buone: in novembre viene ricoverato, per un’ischemia cardiaca, all’ospedale di Sesto San Giovanni. Nel 1966 pubblica da Mondadori la sua ultima raccolta di poesie, Dare e avere. Nel 1967 l’Università di Oxford gli assegna la laurea honoris causa. Salvatore Quasimodo morì il 14 giugno del 1968 ad Amalfi, colpito da un ictus: le sue spoglie riposano nel Cimitero Monumentale di Milano, al Pantheon degli uomini illustri, o Famedio.